Cerrar ciclos

Chiudere un ciclo. Così al primo sguardo superficiale mi viene in mente la bicicletta Graziella che richiudibile era tanto comoda da infilare nella vecchia FIAT 600 di famiglia e andare a farsi un giro alla villa Mazzini (Messina), alla passeggiata al mare nei pressi della Fiera, nei giardinetti vicino al Museo Nazionale (Messina).
Godendomi la profondità di questa frase ne sento tutta la pervasiva forza in un filamento sottile. Zafferano in pistilli per il gusto e la rarità. Ne percepisco la forma circolare che non continua su se stessa il giro. Distribuisce omogeneamente tutte le forze spese per arrivare da punto A a punto A fino ad apparire circolare. 
Tornare a Piacenza dopo otto anni per lavoro mi fa guardare a questo aspetto.
Staziona fra lo stomaco e la base dei polmoni quella velata paura di lasciare qualcosa che conosco per altro che in fin dei conti è ignoto. 
Se avesse voce direbbe "lasciami provare ancora, sarà la volta buona".
Le ossa riecheggiano i suoni del profondo mio Spirito e con candida e invereconda autenticità dico a me stessa "Se evolve in un altro livello si è trasformato ed il ciclo si è chiuso. Se resta sempre uguale a se stesso va chiuso per lasciare spazio ad un nuovo ciclo".
Alcuni cicli si sono chiusi con violenza anche se ci sarei rimasta volentieri a sguazzare nella consistenza limacciosa come con il Centro Giovanile di Valle degli Angeli (Me).
Altri si sono spenti come candele consumate lasciando il dolce ricordo della fiamma che mi toglieva dal buio.
La cosa per me più faticosa, quasi abrasiva è lasciar andare il ciclo chiuso. Nel mettere ordine in casa, differenziare gli oggetti e gli spazi mi fa tanto bene per tenermi allenata al lasciar andare, cantare per il mio cuore senza zavorre pronto ad accogliere un nuovo corso con tutte le fatiche e le gioie.
In informatica quando ci sono delle evoluzioni abbiamo i vari 5.x, ma quando tutta la macchina si è evoluta è infruttuoso sviluppare un programma che non tiene il passo. Grazie per quel che hai fatto, adesso è tempo di altro.
Tutti i cambiamenti, i cicli lasciati a bordo strada con le gomme a terra o la catena spaccata, mi danno la visione di una me stessa stracarica di rottami.
Faccio esercizio di non abbruttire o imbellettare il vissuto, guardarmi con tenerezza e coraggio per smaltire e rimettere nel circolo della vita il ciclo appena chiuso. Mi fa sempre un po' spavento, mi prende allo stomaco, talvolta nottetempo, fra un risveglio e l'altro in cui dico "è un sogno, lo so che non sei più qui con me".   
Chiudere il ciclo, mollare la presa e lasciar andare. Uno degli inviti di Margarita Blanco. 
Qualche amico sa che il sabato pomeriggio alle 17 ho il mio appuntamento radiofonico con Margarita Blanco che trasmette da Città del Messico la sua rubrica Ser Mejor Ser. Una assiduità nata cercando di fare esercizio d'ascolto attraverso una app che consente di scegliere lingua e tema di rubriche in onda in quel momento o in podcast in tutto il mondo.
Fortunatamente Reporte 98.5 manda in replica il programma di Margarita quando per me sono le 8 del mattino della domenica. Fa tanto buon risveglio. Oggi oltre all'invito di Margarita di scegliere coscientemente la felicità nonostante tutti i condizionamenti, la sento usare una delle sue affermazioni più frequenti, stavolta parlando di se stessa e del programma radiofonico: Ser Mejor Ser in radio chiude e diventerà qualcos'altro.
Mi saltano agli occhi tante vite di persone che amo che stanno o hanno chiuso dei cicli e stanno o evolvendo la base di partenza o lasciando andare per fare spazio. Mi interrogo, espongo a me stessa con fermezza di voce e chiarezza di contenuti, guardo i miei cicli e scrivo ogni giorno un capitolo nuovo del mio personale Ser Mejor Ser, la miglior versione di me stessa.

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