L'errore non esiste

Appena pronunciata la prima regola di Teatra'ndo vai, genera in quasi tutti gli interlocutori  una espressione perplessa, ebete o attonita. 
Ebbene sì, l'errore non esiste.
 Fondamentale fin dall'inizio, togliere di mezzo il senso di inadeguatezza, la paura di sbagliare, il senso di colpa che paralizza l'iniziativa. 
Non possiamo essere in errore, stiamo imparando! 
Quante volte nell'imparare a camminare siamo finiti per terra col sedere? Le abbiamo contate? Ci sono state rinfacciate? Mi piace restituire l'infantile coraggio di chi sta imparando a vivere, a conoscersi e conoscere ciò che, all'apparenza, è solo teatro.
Ogni tanto durante l'anno rinfresco la prima regola, nei casi in cui giochiamo qualcosa di nuovo  e  scatta un malsano senso di panico, ancor più importante ricordarsi che l'errore non esiste nella preparazione di una performance. Il pubblico non sa cosa stiamo preparando. Se io dico  "uffa mannaggia" al posto di "mannaggia uffa" non ho sbagliato, non abbiamo consegnato il canovaccio ed il testo al pubblico, ancor meno se offriamo delle improvvisazioni.
Rispetto un senso di tensione sano, carico di responsabilità per la propria prestazione e per il buon andamento del gruppo  e la prima regola permette a tutti di godersi la fase elaborativa, gli esercizi, è una regola che svincola la libertà. Accettare che l'errore non esiste sostiene nel prendere le misure sulle proprie abilità, con la certezza che i compagni di gioco sono lì a prenderti se cadi. Una finestra dalla quale vengono scostate le persiane, e d'improvviso entra una luce fatta di genio ed allegria anche nell'interpretare personaggi dal passato tormentato. Quando vedo materializzarsi negli allievi di tutte le età la coscienza che l'errore non esiste,   nel momento in cui vengono delineate le linee guida dello svolgimento di un gioco, si dissolve la paura di sbagliare e da maestra mi degusto quegli sguardi che concedono a se stessi di poter lasciare che l'estro giochi con le emozioni, vibri con il corpo, catturi il tempo e svanisca il senso di oppressione.  Asserire che l'errore non esiste, da anime meno nobili, viene letto come lascia passare per dar sfogo a pensieri ossessivo compulsivi (seghe mentali), per giustificazioni starnazzanti ed indici puntati verso chiunque tranne che su se stessi. L'errore non esiste è un trampolino verso il gioco di squadra, non delle scarpe chiodate con cui  pestare gli altri. Io non commetto errore, non vuol dire che gli altri sbagliano nei miei confronti. Scagionare la mancanza di ascolto ed accoglienza (le due regole successive) asserendo di non aver sbagliato è come usare un periscopio per fare lap dance: magari ha la stessa forma del palo ma viene del tutto sprecato, se usato nella maniera per cui è stato costruito, si riesce a vedere più in la del cunicolo scavato per paura di mettersi in gioco. L'errore non esiste può essere utilizzato in tutte le relazioni umane. Una forza liberante che fa crescere la coscienza che, se impari a ridere di te stesso, hai materiale per goderti tutta la vita nel pieno rispetto del tuo vissuto e delle emozioni, degli altri con cui condividi questo piccolo pezzetto di mondo.
 Non siamo colpevoli di nulla ma responsabili di tutto.

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