fresco dolce profumo ritrovato

Da qualche tempo ho ripreso a percepire dal naso le emanazioni intellegibili con l’olfatto, puzze, profumi di cibi appena cotti, fragranze negli elettro emanatori, deodoranti. 
Ogni anno il 25 novembre in occasione di Santa Caterina, mio padre aveva come consuetudine di celebrare l’onomastico di mia mamma, e del mio terzo nome, portando un profumo. 
Di certo non se ne intendeva e lasciava fare alla commessa. 
Oltre agli altri doni per ricorrenze obbligatorie, sbrigativamente assolti con denaro contante, questo aveva un suo valore aggiunto: la fragranza. 
Non ne ricordo molti, anche perché la consuetudine di portarlo anche a me iniziò verso i miei 14 anni e non ho memoria di Festa della donna in cui venissi omaggiata. 
Mia mamma ad un certo punto scelse per elezione il Presage Atkinsons, per cui il su pellegrinaggio fra le fragranze terminò la sua corsa. 

A volte custodivo i profumi più aggressivi come jolly per qualche amica meteora come pronto regalo (adesso non venitemi a dire che non avete MAI riciclato nulla), mi era piaciuto l’anais anais Cacharel, la boccetta era un po’ vezzosa, mi ricordava troppo la naioleari che tanto girava di moda in quel periodo e che non riscontrava approvazione dalla mia anima spartana. 
Una volta si presentò con l’Eau de Rochas. 
La bottiglietta ruvida, questo nome che ricorda l’acqua e la roccia, un profumo fresco e gentile, persistente e non invadente. 
Intrigante come un’acqua di colonia per uomo eppure soffice e vellutato da donna. 
Mi piacque tantissimo. Fu l’ultimo che mi regalò. 
Da allora non l’ho quasi più cercato. Sono stati più i tentativi per ritrovare in distribuzione la lavanda della Coldinava, altro profumo in uso alla mia mamma, che ad una fragranza per me. 
Tempo fa ad uno spasimante che andava a salutare un’amica in profumeria chiesi se esisteva ancora, se ve ne erano dei campioncini. Nulla, uscito dalla distribuzione. 
Mi accingo ad affrontare una delle varie giornate campali di lavoro, ho già il pranzo in opportuno contenitore, tutto il necessario per parlare con i capi reparto e la batteria di scorta del palmare carica. 
Un’eco da dentro mi distoglie dal mio assetto da battaglia. 
Una vocina “vai a fare una domanduccia idiota alla profumeria, chiedi se è ancora in distribuzione l’eau de Rochas”. 
Modalità cecchino pongo la mia domanda, preparata a sentirmi dire che è uscito dalla distribuzione, pronta a fuggire rapidamente per evitare che mi proponesse qualcosa di diverso. 
Con mia immensa sorpresa la commessa si sposta lungo lo scaffale, e mi mostra i due formati. Sento un tonfo al cuore, è lui. 
Era lì perso nella mia memoria olfattiva, negli angoli di un pensiero che preferiva stare accucciato, rintanato, protetto. 
Quel vestito fatto di particelle odorose, il suono delle note di testa, il gusto di quella parte così dolcemente femminile di me che coccolo raramente con un profumo. 
Si rompe un incantesimo a lungo durato, sento gli occhi lucidi, chiudo un cerchio. 
Torno al mio ordinario affaccendarmi. 
Da tempo ho lasciato ad un fiume di lacrime il compito oneroso di portarsi via il peso del mio primo fratello, sulla roccia in cui esercito la mia arrampicata quotidiana vado senza zavorre e bagagli che non sono miei, nella ruvidezza del mio vissuto levigo i sospesi con i miei genitori, ricordando da dove vengo e poter intravedere dove vado. 
Adesso viaggio rinfrancata, tornare a vestire il profumo che mi regalò mio padre, insieme ai suoi pregi e difetti impressi nel mio DNA, declino il mio nome con emozioni ritrovate e nuovi orizzonti da conquistare. 

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