Asciugamano

Come saggiamente consiglia la Guida Galattica per Autostoppisti "devi sempre sapere dove è il tuo asciugamano". Anche piccolo, in qualsiasi stagione è sempre meglio averne uno. Li preferisco in spugna di cotone, per quanto mi sia lasciata sedurre da un pannetto in microfibra troppo associabile all'accessorio per detergere le rubinetterie di casa per conquistare la mia affezione. Quando preparo casa per qualcuno di molto speciale in grado di apprezzarli, tiro fuori gli asciugamani di lino. Nel laboratorio teatrale su "Gli uccelli" che ha preceduto la presenza di Teatra'ndo Vai sul palco del Festival della Commedia Antica IV ed. Marina Mazzolani (regista) ci ha chiesto di portare in scena un bagaglio che parlasse di noi. Così il mio zaino da lunghi viaggi e traslochi era pieno di asciugamani.
Quelli che uno alla volta ho visto adagiarsi come foglie d'autunno dentro un baule. Ricamo dopo ricamo, quegli accessori da bagno arricchivano il sogno genitoriale di essere consegnati con orgoglio come dote accatastata con sapiente e tradizionale cura. Ma gli anni passavano ed io fra consacrazione secolare e trasferimento a Bologna sembravo proprio non volermi accostare al momento in cui le pareti di casa vengono rivestite dei materni arazzi da talamo. A me piacevano tanto. Tutti. Quei copriletto, ne conoscevo ogni punto ricamato mentre studiavo alle elementari. Tovaglie di lino per tavoli da imbandire lunghi e spaziosi, decorati con sobrietà e dedizione. Gli asciugamani coi cigni, soffici anche in naftalina. Nel momento in cui dall'ultimo baule di legno sono passati al baule della mia macchina per i mille chilometri più difficili da percorrere e da vivere, sapevo che avrei definitivamente chiamato casa un posto lontano da Valle degli Angeli a Messina. Anche io ero un cigno, che scivolava sulle acque dello Stretto, per migrare sulle sponde del Reno, almeno per ora. Contro tutti quei gatti che mi invitavano a non nuotare, contro tutte le anatre che starnazzavano davanti alla mia bruttezza, io so di essere un cigno con l'anima da pettirosso. Le foglie quando cadono non muoiono, si preparano a dar vita alla pianta e farla sopravvivere durante la rigidità dell'inverno e poi dare un "ciao ciao" alla morte e risorgere in primavera. Le foglie a forma di asciugamano non sapevano dove e come sarebbero rinate. Caterina da sempre mi chiama "rondinella", come se in cuor suo presagisse in tempi non sospetti una continua migrazione. Per mio padre ero "paperetta" da molto molto piccola per l'andatura da pannolino di una bimba incoercibile e sempre in movimento. Una coppia di cigni. Serafici e regali. Tergono il sudore, coprono se ho freddo, asciugano il viso dall'acqua e dalle lacrime. Non sono i soli asciugamani portati con me, ne ho una intera cassa dedicata, come un'altra e mezza è dedicata ai lenzuoli. Solo che quei cigni mi invitano a raccontare ogni giorno una nuova storia, sotto una altra luce prospettica, carica di tanto amore per quella bambina ipnotizzata dalla sequenza dell'ago nel ricamo, che cambiava volentieri i profumatori al baule giusto per il gusto di dire "questi sono miei". Una nuova storia, quella di una rondinella, bella come un cigno che richiama a sé bellezza nella terra dei pettirossi.

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