La tristezza si dirada quando penso che lassù qualcuno mi ama ed anche quaggiù si danno un gran da fare. Il mio terzo polmone(Teatra'ndo Vai team), la mia famiglia d'origine, i colleghi di lavoro con cui remare insieme, gli incontri senza nome che mi ispirano poesie, tutti voi che tenete al fresco i miei doni, al caldo i sogni, al sicuro gli abbracci. Ho mille gratitudini a cui far eco, fra quelli incontrati con la radio/teatro/web, fra coloro che mi ispirano con le loro vite faticose e gioiose di essere vissute, fra chi fa il tifo per me, in mezzo alle voci che mi invitano a cambiare il lavoro che paga l'affitto e darmi al mio mestiere, su tutte le mani che applaudono o si tendono per darmi aiuto, il mio grazie alle mani di colei che alza sempre l'asticella del mio salto. Imparare a chiedere, eludendo una trappola mentale che a lungo mi ha sabotata, professare sempre più fermamente il mio stile per cui un si è un si un no è un no. Mi congedo da quest'ultimo post del 2013 con la frase intorno a cui ruota Cloud Atlas:
“La nostra vita non ci appartiene.
Dal grembo materno alla tomba, siamo legati agli altri.
Passati e presenti.
E da ogni crimine, e da ogni gentilezza,
generiamo il nostro futuro”
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