Maga Magò (al secolo Anna Maria Degli Esposti) uno strumento di pace, quando parlò di questa passeggiata non aveva nemmeno chiesto "ci vieni?" ma misi subito in agenda la data. In questa primavera 2013 tanti micro clima del mio spirito stanno restituendo al mio profilo il suo aspetto originario, evoluto, libero. Di quali sostanze è fatta la pace? Fuori da ogni dubbio, come tutte le energie che si muovono fra i viventi senzienti, va allenata dentro ciascuno. Troppe volte un mondo competitivo mi ha messo davanti agli occhi l'equivalenza pace=ebete. Lo sguardo di chi ama, in pace con se stesso e con il mondo, mi veniva disegnato come associabile ad un ritardato mentale distaccato dalla concretezza che viaggia con la testa fra le nuvole e non si accorge di quanto tutto sia una continua guerra da vivere qui ed ora. Un meccanismo malato che fa asserire con rabbia "vogliamo la pace". Parto da me stessa, poche le persone che conosco, socializzo con due sconosciute, dentro di me quell'itinerario pianeggiante è una scalata in cordata. La pace è fatta di occhi che osservano l'ingiustizia e restano a fissarla finché non muore di vergogna. La pace ha le mie mani per accogliere ed afferrare? Brano dopo brano nel mio spirito riecheggia "la pace è concreta" e parte da me. Il mio nome anagrafico, frutto di una piccola guerra domestica, nel suo significato etimologico vuol dire proprio pace. Mi interrogo su quanta pace io porti dentro. Quanta pace riesco a donare? Semino pace anche quando nella mia indole tutta fuoco e vento, incendia le sterpaglie dell'incertezza, fa cenere degli avversari e mi ustiona l'anima ogni qualvolta mi tradisco? Con la pace come ingrediente fondamentale, anche il fuoco e il vento diventano compagni di un luogo sicuro in cui potersi radunare, illuminare il buio, rendere il cibo buono. Alla chiesa di Sibano si chiude l'itinerario abbracciandosi. Ho fatto pace con gli abbracci già da un po', dopo aver avuto gli strumenti per leggermi e distinguere l'abbraccio che incatena da quello che condivide e allarga. Maga Magò ha pensato a chi, come me, ha lasciato la macchina a Pioppe. Un pulmino percorre la statale che separa i due punti, pochi minuti, qualche curva della Statale 64. I bambini iniziano a cantare. Mi unisco a loro ma non riesco a finire l'ultima strofa. Mi sale un nodo in gola. Un pianto che vuole liberarsi per ringraziare. Faccio pace con il viola che fino ad oggi pomeriggio mi sono rifiutata di indossare, così come farò con il rosso (mi han detto che mi sta bene), faccio pace col mio fuoco vivacizzato dal vento. Faccio pace, mi faccio pace, pa c'è ed anche ma c'è, fra c'è. C'è pace fuori e dentro di me.
(La foto di uno dei sentieri a bordo Reno non è stata scattata ieri. Troppo intenso per distrarsi a far delle foto)
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